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venerdì 2 giugno 2017

Ducato di Benevento (570-839)

Ducato di Benevento (570-839)

Il ducato di Benevento fu fondato intorno al 570 dal longobardo Zottone che strappò ai bizantini la città di Benevento e ne fece la capitale dei territori della Campania, dell'Apulia, della Lucania e del Bruzio che riuscì ad occupare, organizzandoli in ducato e cercando sempre di mantenerli indipendenti dal regno longobardo, dai bizantini e dalla Chiesa.
Anche il suo successore Arechi (591-641), pur essendo stato nominato dal re Agilulfo, non si piegò mai alle direttive regie e creò un solido organismo territoriale che si estendeva dalla valle del fiume Sangro (al confine con il ducato di Spoleto) e del fiume Garigliano (al confine con il territorio bizantino del ducato di Roma) fino allo Ionio.
Nel 758 gli attriti fra i presidi meridionali (Longobardia Minor) e quelli settentrionali (Longobardia Maior) del dominio longobardo si acuirono. Le città di Spoleto e Benevento furono occupate per breve tempo da re Desiderio, ma con la sconfitta di quest'ultimo e la conquista del regno longobardo da parte di Carlo Magno (774), il trono longobardo rimase vacante. Il duca Arechi II (758-774) pensò di approfittare della situazione e tentare un colpo di mano per impossessarsi della corona. Ma l'impresa si rivelò ben presto impraticabile, soprattutto perché in questo modo Arechi avrebbe attirato su di sé l'attenzione dei Franchi, esponendosi a facili pericoli. Il duca non perse comunque l'occasione per innalzare la propria dignità e si fregiò del titolo di Principe, elevando il suo dominio a Principato. La sua ascesa dovette però interrompersi: nel 787 l'assedio di Salerno da parte di Carlo Magno lo costrinse a sottomettersi alla signoria dei Franchi.
Nell'851, dopo più di dieci anni di guerra civile tra Radelchi, che era stato elevato alla carica di Principe dai maggiorenti beneventani dopo l'assassinio di Sicardo, e Siconolfo, fratello del principe assassinato, il conflitto fu ricomposto con l'istituzione del Principato di Salerno, sancito dall'imperatore carolingio Ludovico II e assegnato a Siconolfo.
Dal 978 al 981 il Principato fu riunificato sotto lo scettro del Principe di Benevento Pandolfo I Capodiferro che ereditò il titolo di Principe di Salerno alla morte di Gisulfo I a lui legato da patto di vassallaggio. Alla sua morte i suoi possedimenti furono però nuovamente divisi tra i suoi due figli.

Arechi I (591-641): forse nipote di Zottone, fu nominato duca dal re Agilulfo nella primavera del 591, dopo la morte di Zottone. Estese i territori del ducato conquistando Capua (594), Venafro (595) e Nola (596). Tentò vanamente di strappare Napoli ai bizantini ma prese Salerno (620).

Aione I (641-642): successe al padre per volere dei beneventani giacchè questi - sapendolo mentalmente instabile - aveva dichiarato di ritenere più adatti al governo i figli adottivi Radoaldo e Grimoaldo. Morì in un'imboscata tesagli dagli Slavi che erano sbarcati nei pressi di Siponto.

Radoaldo (642-651): terzogenito maschio del duca del Friuli Gisulfo II e di Romilda, riparò presso la corte di Arechi insieme al fratello Grimoaldo dopo l'ascesa al trono dello zio Gisaulfo II (625 c.ca). Accolto dal duca come un figlio successe al fratello adottivo.

Grimoaldo (651-671): successe al fratello nel 651. Nel 662 intervenne nello scontro dinastico tra i figli del re Ariperto (653-661) - Pertarito e Godiperto - di cui sposò la sorella. Giunto con l'esercito a Pavia, eletta da Godiperto a capitale della sua porzione di regno, uccise il cognato usurpando il trono. Pertarito, che si trovava a Milano, conscio della sua inferiorità abbandonò il campo riparando presso gli Avari. La reggenza del ducato fu assunta dal figlio Romualdo (1).
Nel 663 dovette fronteggiare a nord la calata dei Franchi scesi a difendere gli interessi della deposta monarchia e che sconfisse a Refrancore nei pressi di Asti.
Nel frattempo l'imperatore bizantino Costante II, sbarcato a Taranto alla testa di un esercito, aveva risalito la penisola e cinto d'assedio la stessa Benevento ma l'approssimarsi di Grimoaldo con il grosso dell'esercito lo convinse a desistere e ripiegare su Napoli. Romualdo, ricevuti i rinforzi, sconfisse duramente parte del contingente greco al comando dell'armeno Saburro nella battaglia di Forino, con cui s'infranse definitivamente il sogno di Costante di riconquistare l'Italia meridionale. Sull'onda di questa vittoria, Romualdo passò all'offensiva e riconquistò rapidamente i territori occupati dai bizantini e li costrinse ad arretrare rispetto ai confini precedenti la spedizione di Costante, attestandosi a sud di una linea che congiungeva Otranto (rimasta in mani bizantine) ad Oria (conquistata dai longobardi) passando appena a nord di Lecce.
Grimoaldo morì nel 671 a causa delle complicazioni seguite a un salasso. I suoi resti furono tumulati a Pavia, nella chiesa di Sant'Ambrogio (oggi completamente perduta) che egli stesso aveva fatto edificare.

Romualdo (671-687): reggente dal 662 divenne a tutti gli effetti duca di Benevento alla morte del padre nel 671 mentre il fratellastro (1) Garibaldo succedeva a Grimoaldo sul trono longobardo.
Sposatosi con Teodorada, figlia del duca del Friuli Lupo a cui Grimoaldo aveva affidato il regno durante la sua spedizione in Italia meridionale e che successivamente aveva destituito per la sua scarsa fedeltà, ebbe da lei tre figli (Grimoaldo, Gisulfo e Arechi).
Durante il suo regno, sotto l'influenza di san Barbato che fu vescovo di Benevento dal 664 al 683, si realizzò la conversione dei longobardi dall'arianesimo al cattolicesimo romano.

Grimoaldo II (687-689):

Gisulfo I (689-706): salito al trono ducale alla morte del fratello quando era ancora minorenne, governò per diversi anni sotto la reggenza della madre Teodorada. Nel 702, approfittando delle difficoltà del nuovo esarca ravennate Teofilatto, costretto a fronteggiare una rivolta interna, invase il territorio del ducato di Roma. Convinto dagli ambasciatori di papa Giovanni VI (701-705) a ritirarsi, conservò le cittadine di Sora, Arpino, Arce e Aquino portando il confine al fiume Garigliano.
Si sposò con Winiperga da cui ebbe il figlio Romualdo.

Romualdo II (706-731): nel 716 riuscì a strappare la città di Cuma al ducato di Napoli ma l'anno seguente una spedizione condotta dal duca di Napoli Giovanni I e finanziata da papa Gegorio II riconquistò la città.
Si sposò due volte: la prima con Gumperga, nipote del re Liutprando. Da cui ebbe Gisulfo e la seconda con Ranigunda, figlia del duca di Brescia Gaidualdo.

Gisulfo II (731): ancora minorenne alla morte del padre fu deposto da una congiura di nobili che elesse al suo posto un certo Audelais, risparmiando comunque la vita al giovane duca.

Il Ducato di Benevento nell'VIII secolo.
 
Audelais (731-732): si mantenne al governo del ducato, pur controllandone effettivamente solo una parte, per circa due anni. Fu quindi deposto dall'intervento del re Liutprando che calò su Benevento con l'esercito e lo sostituì con il nipote Gregorio, preferendo portare il giovane Gisulfo a Pavia dove crebbe e fu educato nel palazzo reale. 

Gregorio (732-739): alla sua morte, sul finire del 739, i beneventani non attesero che Liutprando nominasse un nuovo duca né riconobbero come tale il legittimo erede Gisulfo ma elessero invece Godescalco (739-742) esprimendo in tal modo il desiderio di rendersi indipendenti dal potere centrale. Godescalco assecondò probabilmente il tentativo del duca di Spoleto, Trasimondo II, deposto da Liutprando, che aveva insediato al suo posto Ilderico, di riprendersi il ducato. Nel dicembre del 739 alla testa di un esercito finanziato dal papa Gregorio III (731-741) Trasimondo invase e riconquistò il ducato di Spoleto uccidendo Ilderico.
Nel 742 Liutprando invase a sua volta il ducato con tutto il suo esercito costringendo Trasimondo II alla resa. Il ribelle fu sostituito da Agiprando e costretto a prendere i voti sacerdotali. Il re longobardo marciò quindi sul ducato beneventano. Godescalco cercò di fuggire imbarcandosi per la Grecia ma fu intercettato e ucciso da partigiani fedeli a Liutprando e al legittimo duca Gisulfo.

Gisulfo II (742-751): il suo governo è ricordato soprattutto per le numerose e cospicue donazioni alla chiesa che gli accattivarono le simpatie del clero e del papato e per le ottime relazioni che il ducato intrattenne con il potere centrale. Sposatosi mentre si trovava ancora alla corte di Pavia con una nobildonna di nome Coniberga, diede al suo unico figlio il nome di Liutprando in omaggio al suo re.

Liutprando (751-758): salito al trono ducale ancora minorenne, governò sotto la tutela della madre Coniberga, che mantenne il ducato nell'orbita del potere centrale rappresentato dal re Astolfo (749-756). Liutprando raggiunse la maggiore età lo stesso anno in cui Astolfo morì e fu convinto dal papa Stefano II (752-757) a ribellarsi insieme al duca di Spoleto Alboino al nuovo re Desiderio e a chiedere la protezione del re franco Pipino il breve.
Nell'inverno 757-758 Desiderio passò all'azione e travolse rapidamente la resistenza degli spoletini incarcerando Alboino e i suoi sostenitori. Liutprando rinunciò a resistere in campo aperto asseragliandosi nella roccaforte di Otranto che giudicò meglio difendibile di Benevento. Desiderio la cinse d'assedio ma non disponendo di una squadra navale fu costretto a desistere. Dichiarò quindi il duca decaduto e lo sostituì con Arechi, probabilmente un nobile beneventano, a cui diede in moglie la figlia Adelperga. Il re longobardo propose quindi all'impeatore bizantino Costantino V un accordo: se gli avesse fornito le navi per portare a buon fine l'assedio e catturare Liutprando, Otranto sarebbe stata restituita all'impero. E così avvenne anche se non si hanno più notizie di Liutprando.

Arechi II (758-787): nei suoi primi anni di regno mantenne una politica di buon vicinato con il ducato di Napoli, assecondando probabilmente il progetto di Desiderio di stipulare un'alleanza con Costantinopoli in funzione antifranca. Nel 763, tramontata questa possibilità, attaccò il ducato e, sconfittone l'esercito in uno scontro campale nel 765, costrinse i napoletani ad una pace onerosa nei cui patti trattenne anche come ostaggio lo stesso figlio del duca Stefano.
 
Arechi II
Miniatura tratta dal Codex Legum Langobardorum, XI sec.
Archivio della Badia della Ss. Trinità
Cava dei Tirreni

Nel 774, dopo la resa di Pavia a Carlomagno e la cattura di Desiderio che segnò la fine del Regno longobardo, fu l'unico duca longobardo a non sottomettersi a Carlo elevando il ducato alla dignità di principato assumendo il titolo di princeps gentis langobardorum e trasferendo la corte a Salerno dove aveva fatto costruire un sontuoso palazzo. Soltanto sul finire della sua vita, nel 787, con l'esercito franco accampato a Capua, fece atto di sottomissione al re dei Franchi.
Ebbe dalla moglie Adelperga cinque figli: Romualdo, Grimoaldo, Adalgisa, Teoderada e Alahis.
Morì il 26 agosto del 787, un mese dopo la morte del suo primogenito.

Principali opere pubbliche: chiesa di santa Sofia (Benevento), Palazzo di Arechi (Salerno).

Grimoaldo III (787-806): inviato giovanissimo come ostaggio alla corte di Carlomagno, si trovava ancora lì alla morte del padre. Ottenne da Carlo l'autorizzazione a rientrare nel principato e assumerne la corona, impegnandosi però a battere moneta e a emanare documenti esclusivamente in nome di Carlo e a condizione che demolisse le imponenti opere difensive costruite dal padre e che aiutasse i Franchi a combattere Adelchi, figlio dell'ultimo re longobardo, Desiderio. Adelchi sbarcò in Calabria sul finire del 788 alla testa di un corpo di spedizione messogli a disposizione dall'imperatrice Irene – all'epoca reggente per il figlio Costantino VI – e guidato dal logotheta Giovanni, rafforzato dalle truppe di Sicilia. Grimoaldo, affiancato da un contingente inviato da Carlo e dagli spoletini, affrontò e sconfisse i bizantini, uccidendo Adelchi in battaglia.
Rispettato questo impegno, Grimoaldo non rispettò gli altri patti con Carlo e anzichè demolire le fortificazioni di Salerno le rafforzò.
Lo storico longobardo Erchemperto (Historia Langobardorum Beneventanorum) riporta che, tra il 788 ed il 791, sposò Evanzia, la sorella minore della prima moglie, Maria di Amnia, dell'imperatore Costantino VI, nel tentativo di stringere con Bisanzio un alleanza in chiave anticarolingia. La donna fu comunque ripudiata dal principe nel 795.
Per il resto del suo regno fu continuamente in conflitto con i Carolingi, con lo stesso Carlomagno ed il figlio Pipino, insediato da Carlo come re d'Italia.
Morì senza lasciare eredi diretti.

Grimoaldo IV Storeseyez (806-817): era ufficiale della guardia del principe (storeseyez, in longobardo antico) scelto da Grimoaldo per succedergli. Riportò la capitale a Benevento. Poco diplomatico si creò molte inimicizie e cadde per mano di una congiura ordita da Sicone di Acerenza e Radelchi di Consa.

Sicone I (817-832): gastaldo di Acerenza, salì al trono del Principato dopo l'assassinio di Grimoaldo IV. Gestì il potere con crudeltà e spietatezza. Combattè contro i Carolingi e i Napoletani che sconfisse seccamente nell'831 imponendogli un tributo annuo e facendosi consegnare le spoglie di San Gennaro che rimasero conservate nel duomo di Benevento fino al 1154.
 
Sicone I
ritratto al verso di un tremisse coniato dalla zecca di Benevento

Sicardo (832-839): figlio di Sicone, fu l'ultimo a regnare sul Principato nella sua interezza.
Agli inizi del suo regno esiliò il fratello Siconolfo, sospettato di aspirare al trono, a Taranto e lo costrinse a prendere i voti sacerdotali.
Nell'837 entrò in conflitto col duca Andrea II di Napoli, che per la prima volta chiamò in suo aiuto i Saraceni, dando inizio ad una "tradizione" seguita da molti altri principi cristiani. Nell'838 riuscì a sottomettere Amalfi attaccandola dal mare, e ne deportò parecchi abitanti a Salerno.
Nello stesso anno fece traslare le reliquie di San Bartolomeo da Lipari, minacciata dai Saraceni, a Benevento dove per accoglierle fece costruire una basilica dedicata al santo (2).
Poco amato per la crudeltà con cui esercitava il potere cadde per mano di una congiura probabilmente ispirata dagli Amalfitani (3).

Alla morte di Sicardo, i maggiorenti beneventani esclusero dalla successione i figli del tiranno ed elessero invece Radelchi, che aveva occupato la carica di tesoriere sotto Sicardo. Ma i suoi oppositori, capeggiati dal suocero di Sicardo, Dauferio il Balbo, prelevarono a Taranto il fratello Siconolfo e, condottolo a Salerno, lo proclamarono principe di Salerno. A fianco di Siconolfo si schierarono Landolfo conte di Capua ed i cognati Orso conte di Consa e Radelmondo conte di Acerenza ed ebbe inizio una guerra civile che, tra alterne vicende, si protrasse per oltre dieci anni stremando il Mezzogiorno che fu devastato dagli eserciti dei due principi e dei Saraceni che di volta in volta si allearono con l'uno o con l'altro.

La divisione del Principato nell'851.

Il conflitto si compose soltanto nell'851, quando Ludovico II, allora re d'Italia, intervenne nella contesa liberando Benevento dalle truppe saracene che vi spadroneggiavano e sancì la divisione del Principato tra i due contendenti.

Note:

(1) Romualdo era figlio di Grimoaldo e della sua prima moglie Itta.

(2) Purtroppo l'antico sacello fatto edificare da Sicardo fu obliterato nel 1112 durante gli ingenti lavori di costruzione della nuova basilica apostolica voluta dall'arcivescovo Landolfo II e di esso resta solo una limitata documentazione archivistica e letteraria.
L'unico oggetto sopravvissuto del corredo altomedievale è una lamina in piombo in
littera beneventana, rinvenuta nel 1698 all'interno dell'antica urna, durante la ricognizione dei resti dell'Apostolo effettuata dal Cardinale Orsini.
Dalle fonti scritte sappiamo che la chiesa di Sicardo era stata eretta nei pressi del braccio sinistro del transetto del duomo con cui comunicava per mezzo di due porte.

(3) Dopo l'assassinio di Sicardo, gli Amalfitani che aveva deportato a Salerno rientrarono ad Amalfi e proclamarono l'indipendenza.

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