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venerdì 3 febbraio 2017

Il Duomo di Benevento

Il Duomo di Benevento

E' un edificio di antica costruzione longobarda, consacrato nel 780 dal vescovo Davide e intitolato a Sancta Maria de Episcopio.
Nel corso dei secoli è stato però ripetutamente rimaneggiato, in parte da interventi di riparazione di danni inferti da eventi sismici (1456, 1688, 1702), in parte da interventi di ampliamento (XII e XVII sec.) volti ad arricchire il complesso che, in ultimo, venne gravemente danneggiato dai bombardamenti angloamericani del 1943.

Il Duomo dopo i bombardamenti del 1943
 
La facciata pricipale
La facciata del duomo, imponente e composita, risale alla fine del XIII secolo. Costruita interamente in marmo bianco, si rifà alla contemporanea architettura della Capitanata, di chiara matrice pisana.
Si sviluppa su due ordini, entrambi articolati in sei arcate, con uno schema di simmetrie inteso come se, al posto del campanile, a sinistra ci fosse una settima arcata.


Le arcate dell'ordine inferiore sono poco profonde; la più larga è quella contenente il portale principale. Questo è racchiuso fra un'architrave e due stipiti riccamente decorati, così come l'archivolto romanico che lo sormonta è sorretto da un toro a sinistra e da un leone a destra, simbolo e monito della severità e della vigilanza del vescovo nel tutelare fede e costumi. Il tutto è accompagnato da un'iscrizione «sculpsit Rogerius», che si ritiene essere il vescovo sotto cui fu realizzata l'opera, più che l'artista.


Nella parte superiore si ripropongono le sei arcate cieche che però sono più profonde di quelle inferiori e sono sorrette da colonne e capitelli romani di spoglio, che poggiano su mensoloni scolpiti a figure umane al centro e ornati all’estremità da motivi vegetali.
Le tre arcate centrali superiori, di età romanica, sono impreziosite da due finestroni circolari e un elegante rosone a dodici colonnine che in passato era decorato da un antico mosaico raffigurante l'Agnus Dei andato perduto.
Incastonata nel portale centrale era in origine la Janua Major*, oggi – dopo un lungo restauro reso necessario dai gravi danni riportati durante il bombardamento del 1943 – ricollocata in posizione più arretrata.

La Janua Major nella sua collocazione originaria prima del bombardamento

Il campanile
Innalzato dall’arcivescovo Romano Capodiferro a partire dall’11 febbraio 1279 come recita un’iscrizione sulla facciata, fu successivamente restaurato sotto il vescovo Orsini.


Si presenta con una struttura quadrata come una torre, costruita con blocchi di pietra bianca, a due piani, separati da un cornicione sporgente sostenuto da archetti pensili. Al secondo piano si trovano quattro finestroni ogivali, uno per lato, con occhio trilobato.
Molti elementi di spoglio romani sono incassati su tutta la sua superficie; tra essi spiccano una serie di rilievi funerari, un leone gradiente di granito rosa, e soprattutto un cinghiale (secondo altri un maiale) stolato e cinto da una corona di alloro, pronto per il sacrificio, da cui è derivato lo stemma della città di Benevento.


Da notare anche il mascherone, proveniente dal teatro romano, incassato accanto ad una delle finestre ogivali.

La pseudocripta
Attualmente la pseudocripta consta di due navate allineate in senso trasversale rispetto all'abside, la cui fondazione in opus vittatum risale al V secolo, separate tra di loro da un notevole colonnato, realizzato con numerosi elementi di spoglio.
Vale la pena rilevare la presenza di vani finestra, che indicano come inizialmente la costruzione non fosse una cripta, ma lo divenne in epoca successiva, venendosi a trovare al di sotto del livello dell’attuale Cattedrale.
La navata laterale verso nord ovest è articolata in tre campate con volta a crociera sorrette da pilastri ornati da elementi decorativi di epoca romana. Sulle pareti laterali sono presenti tracce di affreschi trecenteschi, tra cui in una nicchia si può ammirare un volto velato e aureolato della Vergine che, con molta probabilità, apparteneva ad un non più leggibile affresco di una Madonna in trono.
In questi spazi sono visibili alcuni lacerti di pavimentazione in opus sectile databili alla prima metà del XII secolo e numerosi frammenti di pitture murarie che decoravano le cappelle, risalenti a periodi differenti. Cronologicamente il più antico risulta essere il ciclo pittorico dedicato a san Barbato, collocabile tra la fine del IX e gli inizi del X secolo.
Testimonianze dirette dell'opera di ampliamento del soprastante presbiterio e della cripta, avvenuta intorno alla metà del XII secolo, sono i resti pavimentali in opus tessellatum.
Al XIV secolo sono datati gli affreschi presenti nella cappella adiacente la fenestella confessionis che inquadra una tomba. Si tratta del mirabile affresco della Mater Misericordiae e del frammento con santa Caterina d'Alessandria e una devota con rosario inginocchiata ai suoi piedi.

La Mater Misericordiae

“la Vergine, eretta, presenta un aspetto frontale e delle proporzioni (di circa 2 metri) ispirati alla ieraticità bizantina, che la identificano immediatamente come Ecclesia, nell'atto di unire in un abbraccio materno i fedeli raccolti sotto il suo manto, i cui lembi, leggermente sollevati, sono tenuti stretti fra le mani chiuse a pugno a rimarcare fermezza nel proteggere" (G.Giordano - M.Cimino).
L'affresco è riconducibile ad un artista napoletano al corrente della grande lezione naturalistica di Giotto e di Maso di Banco che lavorarono a Napoli alla corte angioina dal 1328 al 1333.
La linea alta della vita della Vergine e l'assenza di cintura rivelano la sua gravidanza (incincta=senza cintura) come l'accrescimento dei seni e del ventre sotto la tunica resi per mezzo di una maggiore intensità luminosa.
Sotto le ali del mantello si raccolgono i fedeli, rigidamente divisi in uomini, a sinistra, e donne, a destra. Tra gli uomini spiccano una figura vestita di nero, immediatamente ai piedi della Madonna, in cui va probabilmente identificato il donatore e quelle di tre vescovi, due dei quali portano la mitra bicornuta – e sono probabilmente dei suffraganei – mentre quello al centro del terzetto porta il camauro e ha le mani coperte dalle chirotecae e raffigura il metropolita di Benevento.
La regalità della Madonna è sottolineata dal drappo d'onore – bordato di rosso e decorato da piccoli rombi dello stesso colore solo in parte ancora visibili – teso alle sue spalle da due angeli.

Santa Caterina d'Alessandria

Nella stessa cappella su di un pilastro è presente un altro dipinto datato tra il IX e l'XI secolo. Rappresenta un personaggio barbuto, probabilmente San Barbato, raffigurato a mezzo busto, in dalmatica, con due rotoli legati da un nastro rosso nella mano sinistra e un crocifisso nella destra.
Questi, insieme ai lacerti di affreschi presenti nella parte occidentale della pseudocripta (tra cui un volto di Madonna in trono datato agli inizi del XIV secolo, una figura di orante ai piedi di una santa e le parziali decorazioni dell'intradosso che simulano il firmamento) testimoniano le ultime fasi di frequentazione del sito prima dell'oblio. La riscoperta dell'area avvenne durante i lavori di ricostruzione della Cattedrale dopo la seconda guerra mondiale.


* La Janua Major fu realizzata su commissione dell'arcivescovo Rogerio (1179-1221).
Si compone di 72 formelle di bronzo disposte su nove file orizzontali di otto ciascuna. Quarantatre formelle raccontano episodi della vita di Cristo, una mostra l’arcivescovo metropolita, ventiquattro raffigurano i suoi vescovi suffraganei e quattro altrettanti protomi animali.
Va letta riga per riga, come un testo diviso in tre paragrafi: nel primo, si narra l’infanzia e la vita pubblica di Cristo; nel secondo la sua passione, morte e resurrezione, con l’immagine dell’arcivescovo di Benevento che, nell’atto di ordinare un vescovo, assiso in trono con la tiara e il pallio, rappresenta il papa; così come, nel terzo, sempre di tre righe, i ventiquattro vescovi suffraganei dell' arcivescovo sono sì la Chiesa beneventana, ma rappresentano anche la Chiesa tutta.

La morte di Giuda
 
Piuttosto inconsueta è la formella che rappresenta la morte di Giuda. Giuda è raffigurato impiccato ad un albero con le budella che fuoriescono dal ventre squarciato come nella descrizione degli Atti degli Apostoli (Giuda comprò un pezzo di terra con i proventi del suo delitto e poi precipitando in avanti si squarciò in mezzo e si sparsero fuori tutte le sue viscere, AdA, I, 17) mentre un angelo ne raccoglie l'anima baciandolo.
Una descrizione esauriente delle formelle che compongono la porta si trova qui.
 



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