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domenica 21 luglio 2013

Tor Fiscale

Tor Fiscale


Tra il terzo e quarto miglio della via Latina, gli antichi acquedotti della Claudia e della Marcia s'incrociavano due volte in 300 metri, formando uno spazioso trapezio di oltre due ettari. Questo terreno si prestava bene a essere trasformato in una sorta di castello fortificato dal quale si potevano controllare la via Latina e la via Appia, cosa che fecero i goti di Vitige durante l'assedio (537-538) chiudendo le arcate degli acquedotti con muri di pietra e fango. Vitige fece inoltre tagliare gli acquedotti per interrompere il rifornimento idrico della città e vi stanziò un presidio di 7.000 uomini (Procopio, Bellum Gothicum).

La linea marrone corrisponde all'Acqua Felice, quella tratteggiata al tragitto dell'Aqua Marcia

In seguito all'occupazione dei goti, il luogo assunse il toponimo di Campus Barbaricus: con tale denominazione è ricordato in una epigrafe del 687 del papa Sergio I (687-701) e dal regesto di papa Gregorio II (715-731).

Oggi purtroppo non è facile immaginare che aspetto avesse questo campo fortificato; infatti, da una parte, l’acquedotto Marcio è stato demolito per far posto all'acquedotto Felice (1585-1587), dall’altra, l'acquedotto Claudio è stato quasi completamente smantellato nel corso dei secoli al fine di poterne riutilizzare i materiali in nuove costruzioni.



Sull'angolo nord-est de Campo Barbarico sorge la cosiddetta Torre del Fiscale.
La torre è una delle più ragguardevoli costruzioni del genere esistenti nella Campagna Romana ed è visibile anche da molto lontano, percorrendo la via Appia Nuova.
Robustissima e piuttosto ben conservata, la torre si eleva per circa 30 metri al di sopra di uno degli incroci degli acquedotti della Claudia e della Marcia. È quadrata ed è rivestita in tufelli inframmezzati da alcuni filari di mattoni. Ha piccole finestre rettangolari, alcune delle quali conservano ancora stipiti marmorei (due per lato sovrapposte), feritoie, fori delle travature in tredici ordini e, sulla sommità, canali di scolo in marmo.
Nell'interno si scorgono le tracce di tre piani coperti con volte ora precipitate, mentre si conserva l’intera volta sulla sommità, in cui si apre un foro circolare sul lato ovest.
Sempre sul lato ovest, è da notare in basso un piccolo arco a sesto ribassato, costruito forse per far scaricare il peso dello parete sovrastante sulle fondazioni degli acquedotti antichi. Resti dell'arco con cui l' Aqua Claudia scavalcava la Marcia sono invece inseriti nella parte orientale della muratura.


La torre era circondata da un antemurale, in blocchetti di tufo e mattoni; sino alla metà del XX secolo se ne potevano scorgere alcuni tratti lungo il lato nord.
Un tratto di muro in tufelli, con un ordine di fori per le travature, è invece ancora visibile davanti alla torre sul lato ovest, dall’altra parte della strada; difficile a dirsi se si tratti di un resto dell’antemurale o di un edificio annesso alla fortificazione.



La costruzione della torre, in base alla tecnica costruttiva, dovrebbe risalire al XIII secolo. In questo senso, i dati architettonici sono coerenti con le fonti archivistiche; infatti, il primo ricordo della torre cade nell'anno 1277, quando Riccardo Annibaldi cedette a Giovanni del Giudice la Tenuta chiamata Arcus Tiburtinus, con torre e renclaustro.
La denominazione di
Fiscale, attribuita al fondo e quindi alla torre, non compare invece prima del secolo XVII. Tale denominazione deriva dal fatto che la tenuta appartenne al Fiscale, o tesoriere pontificio: da fonti d'archivio sappiamo infatti che intorno al 1650, il monsignor fiscale Filippo Foppi chiese al Capitolo Lateranense una derivazione dell'acqua della Marana per la sua vigna si trovava in questo fondo.

Mausoleo del Campo Barbarico


Noto anche come "la Casaccia" è un edificio funerario in laterizi del II sec. che si trova al III miglio della Via Latina, all’incrocio tra l'attuale via del Campo Barbarico (che si sovrappone in questo tratto al tracciato dell'antica via Latina) e via Monte d’Onorio (quadrato rosso sulla mappa).
E' un sepolcro del tipo “a tempietto” impostato su due piani, ha la facciata completamente rifatta, mentre gli altri lati sono originali.
 

La tomba era probabilmente preceduta da una gradinata giacché il basolato dell'antico piano stradale è stato ritrovato a circa due metri e mezzo di profondità rispetto a a quello della soglia d'ingresso.

La camera sepolcrale presenta nella parete di fronte una grande nicchia rettangolare coperta da un arco tra due nicchie più piccole mentre sugli altri due lati si trovano - in numero di tre per lato – degli stalli rettangolari pavimentati a mosaico e destinati ad accogliere i sarcofagi.


Al piano superiore, dove si svolgevano le cerimonie funebri, si osserva una grande nicchia centrale absidata con lacerti di decorazione a stucco, sormontata da doppio timpano e inquadrata da due nicchie a scarsella con incorniciature architettoniche in laterizio.


Il livello superiore della parete frontale

Tra la camera sepolcrale e quella superiore a cui si accedeva per mezzo di scale lignee si trovava una sorta di ballatoio anch'esso in legno. La ricostruzione dell'interno è stata possibile grazie a due disegni molto dettagliati fatti da un viaggiatore del XVI secolo, probabilmente portoghese, oggi conservati nella Royal Library di Windsor.


Come altri monumenti funerari del suburbio, anche questa tomba, demolito il ballatoio, venne in epoca moderna utilizzata come fienile.  



Aqua Marcia, Aqua Claudia e Acqua Felice

L'acquedotto dell'Aqua Marcia fu fatto edificare nel 144 a.C. dal pretore Quinto Marcio Re al quale, per la realizzazione dell'opera, fu anche prorogata la naturale scadenza della magistratura. Raccoglieva l'acqua dall'alto bacino dell'Aniene attingendola direttamente da una delle sorgenti.
Era lungo circa 90 km. ed aveva un percorso in gran parte sotterraneo, per 11 km. scorreva invece su grandi arcate monumentali.
Entrava a Roma nella località dove si trovavano gli Horti spei veteris, nei pressi di Porta Maggiore, dove giungevano anche altri acquedotti.
Nel 1585, appena eletto al soglio pontificio, papa Sisto V (al secolo Felice Peretti da cui il nome di Acqua Felice) diede ordine a Matteo Bartolani di costruire un nuovo acquedotto che avrebbe dovuto insistere sull'antico tragitto dell'Aqua Marcia integrandone i resti, al fine di servire la sua vasta propietà sull'Esquilino (Villa Montalto). L'architetto sbagliò però il calcolo della pendenza ed ad un certo punto del tragitto, l'acqua cominciava a rifluire verso le sorgenti. Fu quindi chiamato l'architetto Giovanni Fontana a correggere gli errori del collega.
L'Acqua Felice entrava a Roma presso la Porta Tiburtina passando sopra l'Arco di Sisto V e terminava con la Fontana del Mosè, nell'attuale piazza San Bernardo.

L'Acquedotto Felice nei pressi della Torre del Fiscale

La costruzione dell’Aqua Claudia fu iniziata nel 38 dall’imperatore Caligola e fu terminata sotto il principato di Claudio nel 52; pare tuttavia che l’acquedotto fosse già attivo nel 47, cinque anni prima della sua ultimazione.
Captava l’acqua dai piccoli laghi formati da due sorgenti, situate nell’alta valle dell’Aniene, a poca distanza da quelle che davano origine all’Acqua Marcia.
Era lungo quasi 70 km, dei quali circa 16 in viadotto di superficie, di cui circa 11 su arcuazioni e 5 su ponti.
Dalla località “Arco di Travertino” l’acquedotto risulta variamente danneggiato a causa della costruzione dell’Acquedotto Felice. Venne distrutto l’arco origine del toponimo che consentiva all’acquedotto l’attraversamento della via Latina; più oltre, lungo il vicolo del Mandrione, che corre tra i condotti dell’Aqua Claudia e dell’Aqua Marcia, i pilastri sono forati per il passaggio del nuovo acquedotto, che corre più in basso; un altro tratto è completamente perduto (sempre per la realizzazione dell’Acquedotto Felice) fino alle ultime 40 arcate circa prima di giungere a Porta Maggiore, oggi inglobate nelle Mura aureliane.

Arcate dell'Aqua Claudia nei pressi della Torre del Fiscale

A sinistra si nota una doppia arcata dell'originaria struttura claudia in blocchi di tufo e peperino al di sopra dei quali sono visibii resti dello speco dell'Anio Novus (un acquedotto costruito praticamente nello stesso periodo e che in questo tratto si appoggiava alle strutture dell'Aqua Claudia).
La seconda arcata mostra i segni di un intervento di restauro che probabilmente risale ai lavori fatti eseguire da papa Adriano I nel 776. Una muratura in laterizi di reimpiego con ricorsi di blocchetti di travertino rifodera completamente i piloni originari occludendo quasi del tutto lo spazio libero sotto l'arco.
Nelle due arcate ancora più a destra nell'immagine, sono visibili le impronte lasciate sulla malta dai blocchi di tufo asportati dai pilastri e reimpiegati nella costruzione dell'Acquedotto Felice.




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