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sabato 22 dicembre 2012

La Pala d'oro della basilica di S.Marco

La Pala d'oro della basilica di S.Marco




La pala nella sua forma attuale misura 334x212 cm e vi sono racchiusi ben 83 smalti grandi e numerosi altri di più piccole dimensioni.

La prima pala menzionata nei documenti – di dimensioni molto minori di quella attuale - fu commissionata a botteghe costantinopolitane dal doge Pietro I Orseolo (976-978) ed a questo periodo apparterrebbero gran parte degli smalti piccoli.

La parte inferiore risale al periodo del doge Ordelaffo Falier (1102-1118) che commissionò sempre ad artigiani di Costantinopoli una seconda pala, come si può desumere dall’iscrizione che scorre su due lamine d’argento dorato nella parte inferiore ai lati del trittico - formato dalla Vergine orante, dal doge Falier e dall' imperatrice Irene - e che precisa che “nova facta fuit” sotto il dogado di Ordelaffo.
Dello stesso periodo è la disposizione degli smalti, sia sulle cornici laterali, con le storie di San Marco, sia sulla cornice superiore con i sei diaconi e le feste cristologiche del calendario liturgico, nonché del gruppo centrale del Pantokrator.

Poco più di un secolo dopo, precisamente nel 1209, al tempo del dogado di Pietro Ziani (1205-1229), la pala venne nuovamente ampliata grazie a pietre preziose ed agli smalti che erano stati trafugati durante il sacco crociato di Costantinopoli (1204).
Infatti l’iscrizione della pala stessa ricorda che la pala “rennovata fuit” nel 1209 sotto il dogado di Pietro Ziani.
A questa fase va assegnato il fregio nella parte superiore della pala che raffigura al centro l'Arcangelo Michele ai cui lati si dispongono sei formelle raffiguranti altrettante Grandi Feste liturgiche (l'Ingresso a Gerusalemme, l'Anastasis, la Crocefissione, l'Ascensione, la Pentecoste e la Dormizione della Vergine).

La crocefissione

Durante il dogado di Andrea Dandolo, infine, tra il 1342 e il 1345, la Pala fu completamente restaurata e assunse l’aspetto attuale. In questa circostanza gli smalti furono nuovamente montati con lavori di oreficeria che si sovrappongono in parte agli orli delle antiche placchette. Furono aggiunte inoltre altre sette placchette cosicché non si può dire quale fosse in antico l’aspetto della Pala.
Un'iscrizione attesta che le pietre preziose furono aggiunte per merito dei procuratori Marco
Loredan e Francesco Quirini.
Conosciamo il nome del restauratore: Giovanni Paolo Bonesegna (veneto o forse toscano) per aver lasciato nome e data del restauro sul retro (1342). Un maestro Perin eseguì i lavori di falegnameria allargando di 4 cm per lato la parte superiore della Pala. L’orlo fu riccamente ornato di strisce
decorate con racemi e medaglioni mentre alcuni smalti furono tagliati ed altri sostituiti.


Il Cristo Pantokrator attorniato dai quattro evangelisti

Il fregio della parte superiore

Si è supposto che il fregio della parte superiore provenisse dal monastero del Pantokrator perchè fu riconosciuto come tale dal patriarca costantinopolitano Giuseppe II (1416-1439) che visitò la basilica di S.Marco nel 1438 mentre si recava, al seguito dell'imperatore Giovanni VIII, al Concilio di Ferrara-Firenze.
Polacco avanza però qualche riserva riguardo la possibilità che il patriarca potesse ricordare con tanta precisione la provenienza di questi smalti (che non erano poi tanto singolari a Costantinopoli, ma al contrario assai diffusi nelle chiese della capitale) 234 anni dopo la loro asportazione dal luogo originario. L’unica spiegazione che lo studioso accoglie è che forse appartenevano alla chiesa del Pantokrator perchè gli smalti riproducono “uno stile aulico e commeno e la residenza del podestà della colonia veneziana si trovava accanto alla chiesa del Pantokrator.”
Gli smalti potrebbero essere stati asportati dall'iconostasi della chiesa dedicata all'Arcangelo Michele, fatta costruire tra il 1118 ed il 1136 da Giovanni II Comneno con funzioni di mausoleo funebre dei Comneni ed interposta tra quelle della Vergine Eleusa e del Cristo Pantokrator.
Come sottolinea il Polacco “la singolarità della forma quadrilobata e la tecnica à fond répoussé del grande smalto centrale raffigurante l’arcangelo, assai più raffinata e diversificata della tecnica cloisonnè che connota le altre sei feste, ci inducono a credere che esso costituisse un importante icona, forse la più prestigiosa del templon, perchè raffigurante il titolare di questo mausoleo dedicato appunto a S. Michele e destinato ad essere il monumento sepolcrale dei componenti della dinastia regnante a Bisanzio”.

L'Arcangelo Michele tra due serafini

A riprova che il fregio superiore con il S. Michele e le sei feste liturgiche proviene dal sacco di Costantinopoli del 1204 abbiamo le iscrizioni di queste formelle tutte in greco.
Le iscrizioni delle formelle ordinate da Ordelaffo Falier a Costantinopoli nel 1105 sono invece in latino tranne alcune scritte in greco per incompatibilità del latino con il tema iconografico in esse
raffigurato come dimostrato dal Polacco.

Il fregio della parte inferiore
L'identificazione delle due figure che fiancheggiano la Vergine orante nel fregio inferiore della Pala pone invece qualche problema.


Sono identificate dalle didascalie rispettivamente come il doge Ordelaffo Falier e l'imperatrice Irene. La figura di Ordelaffo è stata però molto probabilmente rimodellata su quella di un imperatore bizantino di cui presenta il caratteristico abbigliamento. L'ipotesi più probabile è che si trattasse di Alessio I Comneno (1081-1118) raffigurato qui con la moglie Irene Dukaina in qualità di donatori della pala all'allora alleata Repubblica di Venezia.

L'imperatrice Irene

Il doge Ordelaffo Falier

Secondo un'altra ipotesi proverrebbero invece anch'essi dall'iconostasi della chiesa di S.Michele Arcangelo   – sarebbero quindi stati inseriti nella risistemazione della Pala del 1209 - e avrebbero raffigurato l'imperatore Giovanni II Comneno (1118-1143) e la moglie Irene d'Ungheria, fondatori del monastero del Pantokrator.


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