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lunedì 14 novembre 2011

chiesa della Vergine Hodeghitria (Aphendikò), Mistrà

chiesa monastica della Vergine Hodeghitria, detta anche Aphendikò (chiesa del Signore). Da questo altro nome si evince la funzione di chiesa di corte che ebbe a svolgere.
 
Fatta edificare intorno al 1310 dall'igumeno Pachomios - amico personale dell'imperatore Andronico II Paleologo che ne finanziava le attività - come katholikon del monastero Brontochion, presenta la sovrapposizione di una pianta a croce greca con cupola a quella di una basilica con gallerie, sul modello della chiesa costantinopolitana di Sant'Irene (VI sec.). Questa tipologia architettonica viene definita "tipo di Mistrà".
La differenza più evidente consiste nel fatto che, i quattro pilastri che sostengono la cupola, anzichè nascere dal pavimento, si elevano a partire dalle gallerie, sostenute inferiormente da due file di tre colonne. La copertura nell'insieme è a cinque cupole.

 Pilastro NE della cupola impiantato sulla galleria

Rispetto ad altre chiese di Mistrà si nota anche l'abbandono della muratura “a castone” (cloisonnè) a favore di quella a corsi alterni di pietra tagliata e  fasce di mattoni.
All'esterno appare come un complesso di vari edifici. Alle estremità del nartece si trovano due cappelle a due piani costruite come torri. I lati nord e ovest erano fiancheggiati da portici.

Lato settentrionale. La cappella in primo piano, all'angolo NE della chiesa, fu fatta aggiungere nel 1366 dall'igumeno Cipriano.

All'estremità sud di quello occidentale sorge il campanile a tre piani in opera cloisonnè.
Nella facciata est, la massiccia abside centrale è aperta da finestre a trifora in basso e da arcate cieche in alto come le due laterali.



lato orientale


Cappella nord del nartece: ci sono due tombe, quella dell'igumeno Pachomios è vicina al muro ovest, si notano ancora le tracce di un affresco che raffigura Pachomios in ginocchio nell'atto di offrire alla vergine il modellino della chiesa.
A ridosso del muro nord si trova la tomba di Teodoro I Paleologo, despota di Morea dal 1384 al 1407. Poco prima di morire prese i voti monacali con il nome di Teodorito. E' raffigurato due volte nell'arcosolio, a sinistra nelle vesti di despota, a destra nel suo semplice abito monastico.

Tomba di Teodoro I

I muri della cappella sono divisi in tre registri, in ognuno dei quali è dipinta una teoria di profeti, apostoli, santi e martiri che camminano verso sinistra, lo sguardo rivolto verso il Pantocrator della cupola.

Teoria dei martiri

Cappella sud del nartece: dalla mandorla, sostenuta da quattro angeli - che racchiudeva la figura del Cristo benedicente al centro della cupola, si dipartone in direzione delle quattro pareti verticali altrettanti raggi che terminano con una mano da cui si srotolano delle pergamene su cui sono trascritte le quattro crisobolle emanate da Andronico II (1312,1318,1320 e 1322) per concedere proprietà e privilegi al monastero di Brontochion.  A sinistra dell'immagine si nota l'apertura ad arco acuto che attraverso una scala conduce alla galleria
  
Parete settentrionale della cappella sud
     
Nella lunetta al di sopra della porta regia, che dal nartece introduce alla nave, è raffigurata una Deesis.


La Vergine blacherniotissa è affiancata da Gioacchino ed Anna e sopra sono raffigurati due piccoli angeli. Il viso della Vergine somiglia a quello della Deesis della chiesa costantinopolitana di S.Salvatore in chora.
 
Bema: sulle pareti che corrispondono al piano terra della chiesa, sono rappresentati su due registri (dieci su quello superiore, sei su quello inferiore) i padri della chiesa.
 
 
Sopra di loro, a livello del primo piano, la Comunione degli Apostoli e quindi, nel catino, la Vergine in trono tra due angeli.
 
 
Nella volta del bema è infine rappresentata l'Ascensione.
 
 
 







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