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mercoledì 19 ottobre 2011

Catepanato d'Italia

Catepanato d'Italia (970-1071)

   Costituito come thema di Longobardia, questo territorio fu governato per mezzo di un funzionario a cui venne attribuito il titolo di strategos o patrizio. Tra il 970 e il 976 questo funzionario fu sottoposto all'autorità di un Catapano (o Catepano), traducibile come "Sovrintendente"; il palazzo sede del Catapano sorgeva nel sito dell'odierna basilica di San Nicola a Bari. Al Catapano d'Italia rispondevano anche gli strategoi di Calabria e di Lucania.



Territorio del Catepanato d'Italia intorno al 1000

Catepani d'Italia

969: Eugenio, rimosso a causa della sua eccessiva crudeltà.
970-975: Michele Abidelas.
982-984: Calociro Delfina. Implicato in una congiura per rovesciare l'imperatore Basilio II (976-1025) fu ucciso per impiccagione.
984-985: Romano.
989: Giovanni Armiropulo.
998-1006: Gregorio Tarchaniotes (antenato di Michele Ducas Glaba Tarchaniotes alla cui memoria è dedicata la chiesa costantinopolitana della Teotokos Pammakaristos)
1006-1007: Alessio Xiphea.
1008-1010: Giovanni Kurkuas. Nel maggio del 1009 dovette fronteggiare la rivolta di Melo (probabile diminutivo di Ismaele), esponente di una ricca famiglia barese forse di origine armena, che si pose a capo di una rivolta antibizantina, scatenata dall'eccessiva pressione fiscale a da istanze autonomiste. Impadronitasi di Bari, la rivolta dilagò rapidamente nella Puglia centrosettentrionale, approfittando anche della morte in battaglia del catepano.
1010-1016: Basilio Argiro Mesardonites. Forse fratello del futuro imperatore Romano III Argiro (1028-1034) fu inviato in Italia da Basilio II (976-1025) insieme ad un contingente della guardia variaga. Riconquista Bari (11 giugno 1011) e cattura Maralda e Argiro - la moglie ed il figlio di Melo - inviandoli a Costantinopoli come prigionieri mentre Melo ripara presso la corte longobarda del principe Pandolfo II di Capua. Fa costruire o, più probabilmente, ampliare e ristrutturare il Palazzo del Catepano (cfr. scheda L'epigrafe di Basilio Argiro Mesardonites). Muore a Butrinto sulla costa epirota nel 1017.
1017: Leone Tornikios Kontoleon. Viene ripetutamente sconfitto da Melo penetrato nella Puglia settentrionale alla testa di truppe longobarde e bande mercenarie normanne. Costretto a ripiegare su Trani viene richiamato in patria e sostituito con Basilio Boiannes.
1017-1027: Basilio Boiannes. Inviato in Puglia con truppe fresche ed ampia disponibilità di denaro, il 1 ottobre 1018 sconfigge le truppe normanno-longobarde di Melo nella battaglia di Canne, costringendo il capo dei ribelli a lasciare definitivamente la Puglia.
1027-1029: Cristoforo Burgaris. Fondatore della chiesa della Panagia Chalkeon di Tessalonica in cui è sepolto, fu destituito da Romano III Argiro dopo essere stato sconfitto dagli arabi nei pressi di Reggio Calabria.
1029-1032: Poto Argiro. Perse la vita combattendo contro gli arabi nella battaglia di Cassano sullo Ionio nel giugno 1032.
1032-1033: Michele Protospata.
1033-1038: Costantino Leone Opo. Di cui si conserva un capitello d'iconostasi con il suo monogramma nel matroneo della chiesa di S.Nicola a Bari.
1038-1039: Michele Sfrondilo.
1039-1040: Niceforo Doceano. Costretto ad imporre una forte tassazione per sostenere la spedizione di Maniace in Sicilia, dovette fronteggiare una rivolta delle milizie ausiliarie locali (konteratoi) nel corso della quale fu ucciso.
1040-1041: Michele Doceano, fratello del precedente. Michele IV invia in Puglia Argiro - il figlio di Melo che, dopo la morte del padre, era stato portato come prigioniero a Costantinopoli ed  educato alla corte bizantina - che debella la rivolta e scioglie le milizie dei konteratoi. Ma la ribellione continua sostenuta dal condottiero longobardo Arduino - che Doceano, nel tentativo di ingraziarselo, aveva nominato signore (Topoterites) di Melfi - e dai normanni di Rainulfo Drengot.
Il 17 marzo 1041 Michele Doceano, pur in superiorità numerica, viene sconfitto nella piana dell' Olivento, un affluente dell'Ofanto, al confine tra la Capitanata (1) ed il territorio di Melfi, dalle forze congiunte dei normanni e dei longobardi a cui si è unito anche Argiro.
Il 4 maggio Doceano viene nuovamente sconfitto dalle forze della coalizione nella battaglia di Montemaggiore, nei pressi di Foggia, e ripara a Bari in attesa di rinforzi. Deluso dalle ripetute sconfitte, nell'estate del 1041, Michele IV lo sostituisce con Exaugusto Boiannes.
1041-1042: Exaugusto Boiannes, figlio di Basilio Boiannes. Il 3 settembre 1041 l'esercito bizantino al comando del nuovo catapano, pur rinforzato da contingenti provenienti dalla Calabria e dalla Sicilia, viene nuovamente sconfitto nella battaglia di Montepeloso (l'attuale Irsinia) nella valle del Bradano dalla coalizione longobardo-normanna guidata da Atenolfo di Benevento, Guglielmo d'Altavilla ed Argiro. Catturato e condotto prigioniero a Benevento, viene rilasciato dietro pagamento di un riscatto nel febbraio del 1042. Nel frattempo però il nuovo imperatore Michele V Calafato aveva già nominato Sinodiano nuovo catapano di Bari.
1042: Giorgio Maniace. Nominato catepano e strategos autokrator da Michele V Calafato nell'aprile del 1042. Pochi mesi dopo - nel corso dei quali Maniace non ingaggiò mai battaglia con le forze della coalizione antibizantina limitandosi a massacrare la popolazione civile sospettata di connivenza con il nemico - con l’ascesa al trono di Costantino IX Monomaco – che aveva come amante Maria Scleraina, sorella di Romano Sclera, acerrimo nemico di Maniace – fu inviato in Puglia il patrizio Pardo con l’incarico di sostituire Maniace. In settembre, ad Otranto, il generale fece trucidare tutta la delegazione non appena sbarcata e in ottobre diede inizio alla ribellione aperta facendosi proclamare imperatore dalle sue truppe.

Giorgio Maniace
da un'edizione miniata prodotta in Sicilia nel XII secolo della Sinossi della Storia di Giovanni Scilitze (Madrid Skylitzes)
Biblioteca Nacional de España, Madrid

1043: Basilio Teorotokanos. Arrivò a Bari nel febbraio del 1043 mentre Maniace ancora si trovava ad Otranto e non riuscì ad impedirgli d'imbarcarsi per Durazzo con tutto il suo esercito (2).
1045-1046: Eustazio Palatinos. Il cognome, sebbene poco diffuso, ne indica l'appartenenza ad una famiglia dell'aristocrazia militare bizantina. Del suo catepanato, durato appena un anno, rimane un sigillo di piombo conservato nell'archivio della basilica barese di San Nicola. Duramente sconfitto dai normanni nei pressi di Taranto (maggio 1046), ripiegò su Bari dove fu costretto ad asserragliarsi nel palazzo catepanale dalla fazione cittadina filonormanna. Fu liberato soltanto in autunno con l'arrivo del nuovo catepano Giovanni Rafayl alla testa di alcuni contingenti della Guardia variaga.
1046: Giovanni Rafayl. Comandante della Guardia Variaga.
1047-1051: Nel 1047 la fazione filonormanna capeggiata da Adralisto (cfr. sotto, chiesa di S.Gregorio armeno) sconfigge a Bari quella filobizantina capeggiata da Alferanite e prende possesso della città.
1051-1058: Argiro. Definitivamente rientrato, dopo vari mutamenti di fronte, tra le file bizantine, il figlio di Melo fu nuovamente inviato in Italia da Costantino IX Monomaco con il pomposo titolo di Signore di Vieste e Duca d'Italia, Sicilia, Calabria e Paflagonia ma praticamente senza truppe. Approfittando di una rivolta riesce ad entrare a Bari. Adralisto riesce a fuggire, Argiro cattura i fratelli Pietro e Romualdo, gli altri due capi del partito filonormanno, e li invia in catene a Costantinopoli. Argiro tentò quindi inutilmente con la corruzione ed altri espedienti di dividere il fronte dei capi normanni, infine si risolse a chiedere l'aiuto di papa Leone IX (1049-1054). Il papa, che già da tempo riceveva richieste d'aiuto dalle popolazioni dell'Italia meridionale vittime delle razzie normanne, aderì scomunicando i normanni e mettendo insieme un consistente esercito di volontari italiani, a cui si aggiunse un contingente di 700 suebi messo a disposizione da Enrico III, alla testa dei quali nella primavera del 1053 marciò verso sud per ricongiungersi alle truppe messe insieme da Argiro. Il contingente al comando del catapano bizantino fu però intercettato e sconfitto dai normanni a Siponto, costringendo Argiro a riparare nella sua roccaforte di Vieste mentre la lega pontificia fu rovinosamente sbaragliata nella battaglia di Civitate (l'attuale S.Paolo di Civitate) sulle sponde del Fortore il 18 giugno. Lo stesso papa fu preso prigioniero e condotto a Benevento.
1060-1061: Marules. Inviato in Puglia dall'imperatore Costantino X (1059-1067) al comando di un ingente corpo di spedizione, riconquista Taranto, Brindisi, Oria ed Otranto, giungendo ad assediare la capitale normanna di Melfi (3).
1062: Siriano.
1063-1064: Albuchares.
1066-1069: Michele Mauricas. Uno dei migliori ammiragli bizantini dell'epoca, viene inviato in Puglia da Costantino X al comando di una squadra navale. Riesce a levare l'assedio alla città di Bari e ottiene alcuni successi contro i normanni riconquistando Taranto, Brindisi e Castellaneta che pone sotto il comando del generale Niceforo Caranteno. Non riesce però ad evitare che nel 1068 il Guiscardo ponga nuovamente sotto assedio Bari e viene sostituito dal nuovo imperatore. Sono stati ritrovati alcuni suoi sigilli in cui compare il titolo di catepano.
1069-1071: Avartutele. Nominato catepano di Bari da Romano IV Diogene (1068-1071), raggiunse la città con un convoglio di truppe e derrate alimentari nei primi mesi del 1069, quando era già stretta d'assedio dai Normanni di Roberto il Guiscardo da quasi sei mesi (5 agosto 1068). Nel tentativo di porre fine all'assedio ordì un complotto per assassinare il Guiscardo, ma il patrizio Bisanzio Guideliku, incaricato dell'impresa, fallì nel tentativo e nel luglio del 1070 fu fatto assassinare per ordine di Argirizzo di Giovannazzo, capo della fazione cittadina filonormanna. Molto probabilmente Avartutele cadde a sua volta per mano dei sicari di Argirizzo.
1071: Stefano Paterano. Raggiunse Bari nel mese di febbraio con un convoglio di 20 navi cariche di rinforzi e rifornimenti al comando del rinnegato normanno Gozzelino. A gennaio era caduta Brindisi e Bari rimaneva l'ultimo caposaldo bizantino in Italia. Il convoglio fu intercettato dalla flotta normanna nelle acque al largo della città e quasi completamente distrutto, Gozzelino fu catturato ma il catepano riuscì miracolosamente a sbarcare. Resosi conto dell'impossibilità di tenere la città, stremata da quasi tre anni di assedio, avviò delle trattative con il Guiscardo e il 15 aprile consegnò la città ai Normanni.

Note:
(1) La regione della Capitanata corrisponde grosso modo all'attuale provincia di Foggia.

(2) Sbarcato a Durazzo, Maniace, alla testa del suo composito esercito, si diresse verso Costantinopoli seguendo l'antica via Egnatia. Nel marzo del 1043, nei pressi di Ostrovo (l'attuale Armissa) sulle sponde del lago Vegoritida nelle vicinanze di Edessa, gli sbarrarono il passo gli eserciti imperiali al comando di Costantino Cabasila e dell'eunuco Stefano Pergameno. L'imperatore, infatti, temendo che un generale esperto, posto al comando di sì ingenti forze avrebbe potuto rivoltarsi a sua volta, preferì affidarne il comando ad un eunuco di corte. 
Mentre già la battaglia volgeva a suo favore, Maniace fu colpito a morte da una freccia o da un colpo di lancia. Non appena la notizia si diffuse le sue truppe smisero di combattere, il suo cadavere fu decapitato e la testa inviata a Costantinopoli dove Costantino IX Monomaco la fece sfilare su una picca per le vie della città come monito ai suoi oppositori.

(3) Secondo il Chronicon rerum in regno Neapolitano gestarum, una cronaca dell'XI sec. attribuita a Lupo Protospatario, il contingente bizantino era invece comandato da un certo “Miriarca”, anche se questo nome potrebbe semplicemente indicare una carica (comandante della flotta?).


Palazzo del Catapano a Bari

I Catapani si stabilirono all’interno di una cittadella fortificata, chiamata nelle fonti anche “Castello dei Greci”, costruita nei pressi del vecchio porto.
Grazie al ritrovamento dell’epigrafe del Catapano Basilio Argiro Mesardonites (cfr.) risalente al 1011 è possibile ricostruire l’aspetto originario della cittadella: al suo interno era situato il Palazzo del Pretorio, sede amministrativa e militare del governatore, la cappella palatina di San Demetrio e le chiese - abbattute in epoca normanna per far posto alla basilica di San Nicola - di Santa Sofia, San Eustrazio martire, SS. Nicola e Basilio, San Stefano e San Gregorio armeno. Vi erano anche varie torri di presidio, le prigioni, un vestibolo ed infine alcuni terreni per le coltivazioni. Tutta l'area era circondata da una cinta muraria con portici e caserme per l’alloggiamento dei soldati ed è probabile che ci fossero porte di bronzo a chiudere la cittadella. Oggi delle strutture originarie del Palazzo rimane ben poco: tra la muraglia e la parete absidale della basilica di San Nicola è possibile vedere un vestibolo rettangolare preceduto da un arco di ingresso su cui si apre un’esedra pensile (simile all’esedra del cosiddetto Palazzo di Teodorico a Ravenna) in origine collegata alle sale di udienza. Sotto l’arco sono rimaste alcune colonne che dovevano decorare con molta probabilità la facciata del Palazzo.



Chiesa di S.Gregorio de Falconibus (?)


All'interno del cinquecentesco Palazzo Simi si trovano le rovine di una chiesa, forse San Gregorio de Falconibus, risalente al X-XI secolo, edificata sui resti di una struttura precedente di epoca romana. La piccola chiesa, che si trova ad una quota di circa tre metri sotto il piano di calpestio attuale, risulta amputata delle navate laterali e presenta tre absidi e i resti di un altare "a blocco" in pietra: nell’abside centrale ci sono tracce di affreschi che raffiguravano quattro vescovi orientali concelebranti mentre sui muri, che dividono le absidi, sono dipinte forse le basi di candelabri o croci.

 

 
Chiesa di S.Gregorio armeno


E' l'unica superstite delle cinque chiese edificate nei pressi del pretorio bizantino. E' citata per la prima volta nei documenti dell’Archivio di san Nicola nel 1015 quando cioè il suo abbas (chierico) è un certo Meles di origine armena. Nel 1089, in un altro documento la chiesa è citata nelle fonti come ecclesia sancti Gregori de Kiri Adralistos, quindi è probabile che la chiesa fu acquistata successivamente dalla famiglia armena dei Kiri Adralisto che la trasformò in cappella privata. La dedicazione al santo armeno Gregorio l’Illuminatore (oggi patrono nazionale dell’Armenia) a cui la famiglia era legata per devozione, è indice della presenza nei dintorni della chiesa di una colonia di Armeni stabilitisi nella città.
Dalle poche notizie disponibili si apprende che gli Adralisto furono al centro di lotte politiche soprattutto intorno al 1040, quando si manifestò la crisi del dominio bizantino, e in tutta la Puglia si moltiplicarono le sollevazioni appoggiate dai normanni nel tentativo di sfruttare la situazione a proprio vantaggio. In questa girandola di vicende gli Adralisto furono coinvolti tragicamente e pagarono con la distruzione delle loro case che vennero date alle fiamme.
Dal 1212 è citata nelle fonti come S.Gregorio del Mercatello per la presenza di un mercato di prodotti ittici nella zona, e nel 1308 viene concessa dall’arcivescovo Romualdo Grisone al clero di San Nicola.
La chiesa durante i secoli fu soggetta a gravissime deturpazioni: ai muri esterni vennero addossate alcune fabbriche, che attaccandosi alla torre sinistra della Chiesa di S. Nicola chiudevano completamente da quel lato il primo cortile della Basilica.
Tra il 1928 e il 1938 è stata oggetto di lavori di restauro che hanno cancellato i rimaneggiamenti settecenteschi come le cappelle laterali, disperso gli arredi liturgici e gli altari, tentando di riportare l’edificio ad uno stile romanico originario.



Attualmente la chiesa presenta l’aspetto romanico che risale al XII secolo: all’interno è divisa in tre navate da due file di quattro colonne, con il soffitto a capriate (non originali). Di notevole fattura sono i capitelli, due dei quali molti importanti poiché datati tra il II e il V secolo d.C., si tratta di un capitello a calice di manifattura greca e uno corinzio “a lira”, con quattro foglie di acanto.
All’esterno la facciata orientale ha le absidi a vista, di cui quella centrale con finestrone decorato a grani di rosario.

facciata occidentale

La facciata occidentale, posta sulla piazzetta dei 62 marinai, divisa da paraste, è molto interessante, poiché conserva, nella parte inferiore tre portali (i due laterali murati nel XVIII sec.) e nella parte superiore, un ordine di tre monofore con cornici decorate a grani di rosario e al centro un finestrone quadripartito da bifore con sculture erratiche zoomorfe.









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