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lunedì 8 agosto 2011

S.Focà a Priolo

 S.Focà a Priolo

La tradizione ecclesiastica siracusana attribuisce la sua fondazione al vescovo Germano di Siracusa, morto nel 356 che vi avrebbe anche trovato sepoltura. Se la chiesa risale pertanto al IV secolo, la sua dedica a San Foca di Sinope * lascia supporre un’influenza orientale che precede di circa un secolo la riconquista bizantina della Sicilia.

L’edificio (m 18,40 x 5,35) appare diviso in tre navate da due file di quattro pilastri ciascuna che sostengono cinque arcate; finte arcate cieche costituivano pure le nervature dei muri perimetrali esterni; la navata centrale era chiusa da una piccola abside estradossata ancora intatta.
La navata nord appare completamente crollata, mentre la nave centrale e quella sud (trasformata in romitorio in epoca successiva) appaiono intatte e ricoperte da volte a botte.
La voltura a botte, del tutto anomala in un impianto basilicale, può essere spiegata con il riadattamento a edificio di culto di una precedente struttura termale, così come la presenza di arcate aperte sul muro perimetrale della nave meridionale che appaiono essere state ridotte a finestre in un’epoca successiva.



Resti della navata nord
si notano gli archi che da questa introducevano alla nave centrale.


 
Navata meridionale
successivamene trasformata in romitorio, vi si distingue nettamente la sagoma del primo arco murato in epoca successiva. 

*  La vicenda di San Foca – conosciuto anche come San Foca l'ortolano - si colloca nei primi secoli dell’era cristiana, sicuramente non oltre il quarto secolo. Talvolta viene riportato come anno di martirio il 117, sotto il regno di Traiano.
Le prime testimonianze su di lui provengono da un panegirico del V secolo – l'Omelia IX del vescovo Asterio di Amasea - così stringato, documentato e presentato con tono di rapida sequenza, come di cronaca giornalistica, da non lasciare dubbio alcuno sull’autenticità del personaggio celebrato.
Foca è giardiniere, forse anche benestante, dato che è famoso presso i suoi contemporanei per la sua generosità verso i poveri e per l’ospitalità che offre a tutti nella sua casa. Vive a Sinope, un grande porto sul Mar Nero ed è cristiano, il che, all’epoca in cui vive, non è certo una scelta di comodo o una semplice tradizione di famiglia, visto che continuamente i cristiani sono perseguitati e uccisi dall’imperatore di turno, che in questa maniera si illude di spegnere la nuova religione che sta prendendo piede. Foca, oltre che generoso ed ospitale, è forse anche un personaggio in vista; oppure la sua testimonianza è così limpida e convincente da rappresentare un pericolo per l’autorità politica. Così viene condannato a morte senza processo e mandano due sicari sulle sue tracce, con il preciso incarico di eseguire immediatamente la condanna capitale. Per ironia della sorte i due sicari, giunti nei pressi di Sinope, bussano proprio alla porta di Foca per avere informazioni sul “pericoloso cristiano” di cui sono alla ricerca e si vedono spalancare la porta di quella casa, tradizionalmente ospitale, offrire un pasto sostanzioso e un buon letto su cui riposare. Non hanno nessun problema a rivelare a quell’uomo così cortese il motivo del loro viaggio e non si fanno scrupoli nel chiedergli consiglio sul modo migliore per giungere in fretta a mettere le mani su quel tal Foca e così portare a termine la loro missione. Invitati a trascorrere la notte in quella casa con la promessa di ricevere dal loro ospite utili indicazioni il mattino successivo, quale non è, al risveglio, la loro sorpresa nel trovarlo di buon mattino già in giardino, dove ha appena finito di scavare una fossa. Ma alla sorpresa si aggiunge un più che comprensibile problema di coscienza, nello scoprire che è proprio lui quel Foca di cui sono alla ricerca. Che li invita a compiere il loro dovere, dato che non ha voluto, anche se avrebbe potuto mentre dormivano, sfuggire ai suoi carnefici, ai quali anzi ha risparmiato anche la fatica di scavargli la fossa. E in quella lo seppelliscono dopo averlo trapassato con la spada, in mezzo ai fiori ed agli ortaggi del suo giardino, umile seme di autentica testimonianza cristiana.

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